Il conflitto russo-ucraino e gli effetti sull’economia del Bel Paese
Il costo della guerra, oltre che in vite umane, si misurerà a partire dal braccio di ferro dell'Europa con la Russia proprio sugli approvvigionamenti energetici. Risulta chiaro che, in presenza di un conflitto bellico e nello scontro degli interessi economici e geopolitici globali, la minaccia della Russia di tagliare o ridurre l'approvvigionamento energetico pone in allarme tutti i Paesi dipendenti dalla fornitura.
L’escalation del conflitto bellico fra Russia e Ucraina provocherà effetti non indifferenti sull’economia nostrana. A renderlo evidente sono i primi dati emersi da alcune rilevazioni della borsa e del mercato internazionale: a subire gli aumenti dei prezzi saranno, in primis, carburante ed energia, seguiti a cascata dai prodotti farinacei (cereali, grano, pane, pasta, mais, orzo) e dai generi alimentari.
Inoltre, è probabile che si acuiranno le difficoltà nell’approvvigionamento, già da alcuni mesi diventato più complesso a causa di costi e pandemia, delle materie prime per l’industria manifatturiera (legno e metallo ad esempio); a rischio anche l’export di alcuni prodotti gastronomici ed enologici.
Soprattutto, a pesare sulle tasche degli italiani sarà l’inevitabile aumento dell’inflazione dovuta ai rincari che si registreranno nel paniere di beni principali. Questo perché l’Italia, così come l’Europa, in un’ottica di commercio globalizzato, dipende dagli scambi commerciali con gli altri Paesi. Vediamo nel dettaglio il quadro della situazione.
L’aumento di carburanti e fonti di energia
Secondo l’ultimo bollettino della Staffetta Quotidiana, continua ad essere in crescita a causa delle incertezze geopolitiche dovute alla guerra russo-ucraina.
I mercati petroliferi, secondo la Staffetta, sono
estremamente nervosi, sullo sfondo dell’invasione russa in Ucraina. Dopo aver toccato giovedì i cento dollari al barile, venerdì il Brent è precipitato a 93, per risalire in queste ore verso i 99. Le quotazioni internazionali di benzina e gasolio hanno perso venerdì tutto quello che avevano guadagnato giovedì.
Qualche giorno fa, Michel Salden, Head of Commodities di Vontobel, la banca privata svizzera specializzata nell’asset management per clienti privati e clienti istituzionali, ha spiegato che:
“La Russia ha invaso l’Ucraina spingendo i prezzi delle materie prime a nuovi massimi storici, mentre le azioni crollano in una mossa risk-off dei mercati. Mentre si profilano interruzioni nella fornitura di petrolio e gas, i mercati prevedono un ammorbidimento delle politiche delle principali banche centrali”.
“Già nel periodo precedente la crisi, le materie prime stavano valutando un premio per il rischio geopolitico che ha ricevuto un’altra botta dalla decisione della Russia di invadere l’Ucraina. Il Bloomberg Commodity Index è in rialzo del 20% da un anno all’altro, il petrolio Wti è in rialzo dell’8% oggi e il Brent è scambiato sopra i 100 dollari, il livello più alto dal 2014.
La carenza di gas in Europa è stata esacerbata dal fatto che la Germania ha già bloccato l’apertura del gasdotto Nordstream 2 lunedì, il che rende probabili ulteriori problemi nelle forniture di gas tanto necessarie”.
Lo scenario, pertanto, è il presente: l’Europa (e l’Italia) importano dalla Russia la maggior parte dell’energia che serve ad alimentare fabbriche, abitazioni domestiche, intere città.
L’Italia, secondo il Centro Studi di Unimpresa, ha un consumo di 70-80 miliardi di metri cubi di gas all’anno e 18 miliardi di metri cubi di stoccaggio. Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre 2021, una situazione migliore di altri paesi europei, ma è sceso rapidamente. Nel 2000 la produzione italiana era più di tre volte superiore. La grande maggioranza del gas naturale impiegato dall’Italia viene importato. La Russia è la prima fonte di provenienza e pesa per circa il 45% del metano estero: lo scorso anno ha pesato per circa 7 miliardi di metri cubi che potrebbero aumentare di 2 o 3 miliardi entro la fine dell’anno.
Il costo della guerra, oltre che in vite umane, si misurerà a partire dal braccio di ferro dell’Europa con la Russia proprio sugli approvvigionamenti energetici. Risulta chiaro che, in presenza di un conflitto bellico e nello scontro degli interessi economici e geopolitici globali, la minaccia della Russia di tagliare o ridurre l’approvvigionamento energetico pone in allarme tutti i Paesi dipendenti dalla fornitura.
Perché l’aumento del pane e della pasta
Altro dato preoccupante è quello relativo all’aumento dei prezzi dei generi alimentari principali: parliamo dei cereali, ma anche del pane e della pasta. Questo accade perché l’Ucraina è responsabile del 12% e del 16% delle esportazioni globali di grano e mais, rispettivamente, e resta da vedere fino a che punto i porti ucraini e le infrastrutture di trasporto saranno danneggiati dal conflitto militare.
Secondo la Borsa Merci di Bologna, già nello scorso fine settimana si è registrato un aumento dei prezzi del grano tenero
un incremento di 8 euro/t, arrivando sui 308-312 euro/t, (+31% rispetto ad un anno fa). Aumenti anche per l’orzo (+7 euro/t), che torna vicino alla soglia dei 300 euro/t (+41% su base annua). Sale di 10 euro/t il mais di origine nazionale, attestato sui 295-297 euro/t, (+28% rispetto a dodici mesi fa).
L’aumento delle materie prime
Il pericolo dell’aumento delle materie prime, quindi l’allarme principale per le imprese, riguarda soprattutto il mercato dei metalli: in questo settore il dominio russo è incontrovertibile e si registra già il valore dell’alluminio in crescita del 4%, il nichel del 5% e il palladio del 7% sulla base dei dati intraday.
Il peso della cybersecurity
Un ulteriore allarme per l’economia e la stabilità del Paese è dato dalla guerra 4.0 fra Russia e Ucraina, che si gioca anche su un terreno “virtuale”. Gli attacchi cibernetici fra i due Paesi, infatti, potrebbero colpire anche l’Europa e l’Italia, soprattutto nelle transazioni commerciali e nei dati sensibili.
In una recente intervista, Andrea Marchi, esperto di cybersecurity di Rödl & Partner ha spiegato che
l’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale ha messo recentemente in evidenza “il significativo rischio cyber derivante da possibili impatti collaterali a carico di infrastrutture ICT interconnesse con il cyberspazio ucraino, con particolare riferimento ad enti, organizzazioni ed aziende che intrattengono rapporti con soggetti ucraini e con i quali siano in essere interconnessioni telematiche”: si pensi ad esempio all’utilizzo di risorse o servizi condivisi, come l’utilizzo di tecnologie e piattaforme di collaboration, la condivisione di piattaforme o di gestionali ove risiedono identità digitali trasversali. E’ opportuno in questa fase innalzare il livello di guarda, prestando particolare attenzione a quelle misure che, in caso di un attacco hacker, possono risultare particolarmente determinanti per la salvaguardia dei sistemi e dei propri dati (per esempio, l’applicazione di tecniche di cifratura dei dati a riposo, la disponibilità di backup puntuali e periodicamente verificati dei propri sistemi e dati, o l’applicazione di tecnologie di autenticazione di tipo multifattoriale per l’irrobustimento dei processi di identificazione ed autenticazione applicate ai propri sistemi e ai dati”.
Gli effetti sull’inflazione
Gli aumenti previsti per il gas, l’energia, il petrolio, la filiera alimentare e le materie prime rappresentano una situazione complessa sia per il mondo imprenditoriale che per le famiglie. Il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi, lo ha spiegato in questi termini:
“L’azione bellica avviata improvvisamente dalla Russia ci catapulta inevitabilmente nello scenario economico peggiore. Anche se la guerra dovesse terminare rapidamente, e purtroppo non mi sembra questa la prospettiva, ormai le conseguenze saranno durature. Quindi, entrando nel dettaglio della nostra economia, temo che l’inflazione compia un balzo dall’attuale 4,8% fino a superare quota 6%. Mentre per il prodotto interno lordo ritengo realistico la perdita di un punto percentuale della crescita prevista per il 2022 che dunque si dovrebbe fermare sotto la soglia del 3%. Una situazione pesante e fortemente negativa, nel contesto europeo, soprattutto per il nostro Paese”