Il colloquio di lavoro? Un “gioco” da ragazzi!
La gamification è il nuovo trend di un mercato HR sempre più competitivo. E renderebbe il recruiting il 30% più veloce.
La Oliver James è un’azienda che si occupa di recruiting, di far incontrare domanda e offerta di lavoro. Ultimamente, per farlo, sostiene di avvalersi di tecniche di gamification, che in italiano si potrebbe tradurre come giochificazione o ludicizzazione. L’utilizzo, in estrema sintesi, dell’utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti che in realtà non sono di gioco.
Anche chi non è avvezzo al termine può rendersi conto che la gamification è in realtà già presente in alcune nostre attività digitali. Un esempio? Si veda Google Maps, che ha di fatto gamificato i contributi degli utenti che, contribuendo con recensioni e verifica delle informazioni in qualità di local guide, stanno di fatto giocando per raggiungere degli obiettivi come i badge da sbloccare.
La gamificazione infatti permuta dal mondo ludico il coinvolgimento del giocatore (consapevole e inconsapevole) grazie ad alcuni meccanismi già noti come l’accumulare punti o lo sbloccare obiettivi e livelli successivi.
Ecco, la Oliver James nelle scorse ore ha inviato una nota stampa in cui rende noto quali sono secondo gli indicatori aziendali i risultati ottenuti applicando la gamification al processo di recruiting – in soldoni ai colloqui di lavoro. Secondo i reclutatori di Oliver James grazie alla gamificazione dei colloqui di lavoro:
- si riducono del 30% i tempi di selezione,
- si migliora l’attrattività del brand dell’azienda (mediamente del +20%).
Non solo, ma il reclutatore attraverso la gamificazione ha maggiore possibilità di ottenere informazioni utili sui candidati e il loro possibile inserimento in azienda, valutando aspetti della personalità dell’aspirante dipendente che si presume emergano durante la fase di gioco e che invece rischiano di restare nascosti in più classiche modalità di colloquio di lavoro. Tra questi, in particolare, le cosiddette soft skill che già iniziano a emergere quando si esce dal canovaccio delle domande squisitamente professionali. “Anche alcune semplici risposte date a domande, a volte, banali, come ‘Per una serata con gli amici dove preferiresti andare a divertirti?’ o ‘Durante le feste natalizie, se dovessi essere invitato a cena, cosa porteresti per fare bella figura?’ riuscivano a far uscir fuori un quadro valutativo del candidato molto più preciso”, affermano dalla Oliver James.
“Abbiamo iniziato – spiega il Country Manager per l’Italia di Oliver James Pietro Novelli – a utilizzare questa tipologia di selezione con una nostra azienda partner come primo esperimento per poi espanderla in altri contesti di recruiting. È stata una soluzione che ha portato grandi soddisfazioni, da un lato per i candidati che hanno trovato particolarmente stimolante non doversi sottoporre al classico colloquio e dall’altro per le aziende che proprio grazie all’applicazione ludica al processo di selezione hanno potuto scovare il talento che si adattasse maggiormente al ruolo che stavano cercando”.
“Dalle nostre rilevazioni – continua Novelli – abbiamo potuto constatare come tutto il processo di selezione abbia beneficiato dell’introduzione della gamification. In particolare la valutazione delle attitudini dei candidati è risultata essere molto più precisa e accurata da parte dei recruiter mettendo in risalto nei talenti le capacità di problem solving. Tutto questo si è tradotto in una scrematura iniziale dei candidati che si è velocizzata del 30%, riducendo poi il monte ore dei valutatori dell’azienda cliente, che si traduce rapidamente in un beneficio economico”.
Ma per chi invece è dall’altro lato, ossia da quello del candidato? Come affrontare al meglio un colloquio che prende una piega “gamificata”?
“Ancora una volta vale il principio fondamentale, applicabile a qualsiasi selezione aziendale: sii te stesso. Senza finzioni, senza recitare, anche perché sarebbe inutile”, consiglia Renato Votta, Training & Development Manager Certificato IBQ, Consulente Senior di Orientamento Certificato Asitor e Consigliere Regionale AIDP. “Il processo di selezione – continua – e, in particolare le le tecniche di gamification, non lasciano spazi a dubbi: prima o poi, le caratteristiche del candidato e le sue soft skill emergono e sono rilevabili in maniera chiara e precisa. Inoltre la gamification ha una grande valenza in termini di ottimizzazione del processo e di possibilità di offrire feedback personalizzati ai candidati”.
“Attenzione però: la gamification è uno dei passaggi della selezione, non può e non deve mai essere l’unico. Nel 2022 e spero ancora per molti anni, rimarrà ancora fondamentale l’intervento umano, fatto di selezionatori in carne e ossa”, conclude.