Lavoro

Reddito di cittadinanza: cosa non ha funzionato e va evitato con MIA

Nola – Ci apprestiamo a “vivere” un’ altra “rivoluzione” per quanto concerne le politiche attive del lavoro. Siamo infatti alla vigilia del passaggio dal Reddito di cittadinanza – la cui “dead – line” è fissata per luglio – alla nuova misura che il governo Meloni sta elaborando, già “battezzata” con l’acronimo di MIA (Misura di inclusione attiva)

Il dibattito sulla questione ha già provocato un solco insanabile tra quanti ritengono il Reddito di cittadinanza un provvedimento che non andava assolutamente messo in discussione e chi invece è favorevole ad un suo superamento, perché convinto più dei danni arrecati che dei suoi benefici.

Come tutti i grandi temi che si discutono in Italia, la verità va ricercata nel mezzo anche perché le divisioni molto spesso sono più frutto di posizioni ideologiche che di argomentazioni circostanziate e oggettive.

Ed è esattamente su questo secondo livello che il Centro studi “Fervet Opus” (editore del nostro giornale) con sede in via Onorevole Francesco Napolitano in Nola – con il duo Giovanni Arnone e Vincenzo Panico – vuole focalizzare l’analisi.

Nei giorni scorsi, infatti, ha dato vita ad un primo “incontro di redazione” con professionisti ed esperti in materia, provando a tracciare possibili ipotesi migliorative alla bozza ancora in fieri del provvedimento, partendo anche da ciò che non ha funzionato nel corso dell’esperienza del reddito di cittadinanza.

Ad essere coinvolti in questo primo appuntamento, sono stati Angelo Montella, consulente del Lavoro, Giovanni Passaro, presidente dei giovani Dottori Commercialisti di Nola, Giuseppe Di Gioia, dottore commercialista.

L’obiettivo è quello di tenere aperto il dibattito anche con successivi incontri finalizzati anche all’elaborazione di proposta fattiva.

UNA PARTENZA SBAGLIATA

Il reddito di cittadinanza –ricorda Giovanni Arnone, del Centro studi “Fervet Opus”, – partito come intervento di politica attiva del lavoro si è trasformato in una misura di natura completamente assistenziale. “Se si risale alla genesi del provvedimento – sottolinea Arnone – possiamo evidenziare come la fretta nel voler dare una risposta ad un importante impegno elettorale ha fatto sì che venisse a mancare un pezzo importante del provvedimento: il legame con la formazione ed il mondo del lavoro. L’avvento della pandemia ha fatto poi resto

LA VISIONE “DISTORTA” DEL REDDITO DI CITTADINANZA

“Bisognava partire dalla riforma dei Centri per l’impiego – aggiunge Angelo Montella, consulente del lavoro – è questo il tassello mancante. Conosciamo tutti la situazione dei CPI, dotati di personale estremamente ridotto e con una possibilità molto limitate nel profilare un’ ampia platea di quanti cercano lavoro: a saltare è stato il fondamentale momento del matching con le aziende”.

E la visione del reddito cittadinanza quale misura totalmente assistenziale si è venuta a formare anche a causa della struttura del mercato del lavoro, dove molte aziende sono nell’incapacità – soprattutto per l’alta pressione fiscale – di assicurare contratti dai salari adeguati e proporzionati con le ore di lavoro effettivamente svolte dal dipendente. Salari che risultando molto bassi, pone il lavoratore nella “forma mentis” di considerare il Rdc come uno strumento assistenziale sostitutivo del lavoro, magari “arrotondando” a nero.

MANCANZA DI INCENTIVI ALLE IMPRESE

Sul punto interviene Vincenzo Panico, sempre del Centro Studi “Fervet Opus” e da anni impegnato nel settore delle politiche attive del lavoro. “Le agevolazioni a favore delle imprese che assumevano i percettori di reddito di cittadinanza – afferma Panico – non sono mai partite. Ormai l’esperienza ci aiuta a comprendere come le politiche attive, per essere efficaci, devono essere sempre agganciate ad un’ agevolazione a favore delle imprese che si confrontano costantemente con un alto costo del lavoro. Ricordo ad esempio – nel 2008 – quanto accaduto con Garanza Giovani che fino a quando non fu introdotto, da parte della Regione Campania, il bonus di decontribuzione di 6 mila euro prima ed il superbonus di 12 mila euro,   stentava a decollare. Poi fu un grande successo. Questo aspetto va tenuto ben presente anche con l’istituenda misura di MIA”

RIFORMA DEL CENTRO PER L’IMPIEGO

Punta l’indice ancora una volta sul Centro per l’Impiego anche Giuseppe Di Gioia, dottore commercialista. “Era impensabile caricare i Centri per l’impiego anche di questa ulteriore funzione – afferma Di Gioia – e gli stessi navigator si sono rivelati un vero e proprio flop. È mancata una guida per coloro che hanno beneficiato di questa misura, lasciati completamente al loro destino che li ha adagiati sul fatto che a fine mese percepivano il reddito. Anche la stessa previsione delle tre chiamate per altrettante offerte di lavoro si è rilevata totalmente inefficace. Alla fine si è diffusa la notizia che il reddito, di fatto, non veniva mai tolto. Nell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro vanno coinvolte strutture terze in grado di determinare il matching con le imprese

PARTNERSHIP PUBBLICO – PRIVATO PER L’ INCONTRO EFFICACE TRA OFFERTA – DOMANDA DI LAVORO

Su questo aspetto punta Giovanni Passaro, presidente dei Giovani Dottori Commercialisti di Nola. “Come facciamo a sapere di quali e quante risorse necessità il mercato? – evidenzia Passero – È importante, al di là delle varie misure che vengono messe in campo – che il governo coinvolga le associazioni datoriali, incentivando il network tra le imprese, anche attraverso il ruolo degli ordini professionali, per addivenire a schede analitiche circa i bisogni reali. Solo partendo dall’acquisizione di questi dati sarà possibile organizzare corsi di formazione funzionali, anche in base ai territori dove insistono le realtà produttive. In questo modo, avranno un senso anche le stesse misure di politica attiva che saranno inserite in un discorso organico e sistematico, contrariamente a quanto avviene oggi, dove abbiamo tante tessere completamente slegate tra loro”.

Un tentativo per mettere a sistema tutto è già previsto nella misura del GOL che però ha il profondo limite che tutto l’assesment è affidato ai Centri per l’impiego, dove puntualmente si blocca tutto.  Nelle prossime settimane il Centro Studi “Fervet Opus” proseguirà ad analizzare questi temi con un nuovo incontro

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