Al sud “sparite” 800mila persone in 15 anni, lo dice Confcommercio
Il rapporto Confcommercio delinea le disparità tra nord e sud del Paese. Ma anche nello stesso Mezzogiorno le disparità iniziano a farsi sentire.
Per rendere l’idea, come termine di paragone dobbiamo immaginare come se di colpo si svuotasse una città come Torino, Palermo o Napoli: in 15 anni al sud mancano all’appello 800mila abitanti rispetto alla conta del 2007. Questo uno dei dati di maggior rilievo emersi nell’ambito dell’incontro Confcommercio “Il PNRR e il Mezzogiorno che verrà“, che si è tenuto a Bari nelle scorse ore e in cui, alla presenza di istituzioni e imprenditori, sono stati snocciolati i dati del rapporto elaborato per l’occasione dal Centro Studi Confcommercio.
Se lo spopolamento meridionale è da legarsi a una mai arginata emorragia di giovani talenti verso altri lidi, anche il nord inizia ad accusare il colpo di un mercato globale del lavoro più facilmente accessibile e inizia a registrare i primi numeri importanti verso l’esterno.
Il dato demografico, secondo lo studio Confcommercio mirato a riflettere sul PNRR e sulle risorse che arriveranno al sud, è uno dei tre macroaspetti che segnano il divario territoriale che ancora più di una forbice rappresenta una cesoia: la variazione del PIL tra il 1996 e il 2019 segna poco più del +20% al nord mentre appena il 3,3% al sud. Diciasette punti percentuale di divario nella crescita, e il fatto che al sud ci sia il 2 percento degli abitanti in meno e al nord il 9,8 percento in più (tra cui, probabilmente, buona parte di quel 2 percento perso sotto Roma) è solo uno dei motivi di tale gap: a pesare in questa crescita a due velocità del sistema Italia ci sono anche il tasso di occupazione (ancora rovinoso al sud Italia) e la produttività del lavoro stesso.
Prima di gridare, però, alla lesa maestà, è necessario leggere il commento del presidente Confcommercio, Carlo Sangalli: “Il PNRR è un’opportunità irripetibile per il Sud che continua a essere penalizzato da deficit storici inaccettabili: carenza di infrastrutture, scarsa produttività, pochi interventi pubblici; è necessario investire i fondi europei nel rispetto delle tempistiche e anche nelle strategie condivise, soprattutto nel comparto turistico, perchè, se cresce il Sud cresce, il Paese”.
La situazione a sud non è delle migliori, comunque, e il fatto che ci siano meno abitanti e che ci siano anche meno occupati rispetto al 1996 (e chi c’era ricorderà che nel ’96 non è che la disoccupazione meridionale fosse un problema di poco conto e lontano dalle promesse politiche dell’epoca) ne è dimostrazione. Non basta, secondo Sangalli, il fatto che la crescita prevista per il 2022 è del 2,8 percento, lo 0,3% in più della media nazionale: “Non è certo con una manciata di decimali, per di più confinata a un singolo anno, che i divari tenderanno a chiudersi”.
Investimenti e turismo
Due gli aspetti su cui Confcommercio ha dedicato particolare attenzione nel suo focus. Il primo riguarda gli investimenti, presi ad esempio del perché il sud versa in queste condizioni di distanza dal nord. “Fatti pari a 100 i valori del 1995 degli investimenti complessivi in termini reali per unità standard di lavoro – spiega Confcommercio nel suo report – è evidente che le condizioni del Mezzogiorno si siano deteriorate tanto in assoluto quanto in termini relativi, e questo è quello che spiega maggiormente i divari nella dinamica della produttività. Molto più semplicemente: al Nord gli investimenti per occupato sono sopra i livelli di metà degli anni ’90, al Sud sono sotto di oltre il 6%“. E ancora: “Per quanto riguarda la parte pubblica […] alla ripresa dell’investimento pubblico nel Centro -Nord non è corrisposto un analogo trend nel Sud”.
Il turismo, secondo Confcommercio e ripetendo anche qui qualcosa di già sentito, può essere il volano di una ripresa meridionale, o meglio il modo per ridurre quel gap. Stando a quanto affermato dall’associazione delle imprese, lo stop pandemico (devastante) ha fermato un trend in ascesa nell’intero Paese. “Dal 2010 – spiega Confcommercio – la spesa dei turisti stranieri confrontata con 100 euro di spesa degli italiani in Italia passava da 3 euro a 4,3 euro. Cioè stavamo crescendo molto bene poi è arrivata la pandemia e poi abbiamo ricominciato a crescere. Insomma, bisogna fare in modo che il Sud recuperi su questa filiera meglio e di più rispetto ai livelli pre-crisi. E questo è possibile con l’aiuto, appunto, del PNRR”.